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venerdì 18 maggio 2012



La rifondazione della Democrazia, o nulla...
di Vincenzo Cicala



La cronaca riporta quotidianamente suicidi per mancanza di lavoro ed esaurimento di ogni risorsa economica.
Il disagio sociale è quello che già vi era da prima della crisi, però si è esteso ad un maggior numero di persone e ne è cresciuta la gravità.

La maniera nella quale se ne vanno questi piccoli uomini è sorprendente per una società soggetta a grave e persistente violenza da parte della classe dirigente.
Si uccidono, operai, disoccupati, artigiani, modesti imprenditori, padri di famiglia, isolandosi dai familiari, spiegando in poche righe la vergogna di non poter sopperire alle necessità della famiglia, chiedendo perdono del loro gesto a moglie e figli.

Sembra quasi che se ne vadano i migliori.
Le difficoltà azzerano la piccola imprenditoria e parecchi chiudono sul limite della procedura fallimentare.

Altra annotazione che chiude la porta ad un avvenire possibile è l’assoluta mancanza di occasioni di lavoro per i giovani.

I diplomi di maturità hanno perso ogni appetibilità sul mercato del lavoro. Hanno le stesse occasioni di guadagno laureati ed analfabeti.

Spesso i laureati si adattano a collaborare a prezzo zero negli studi professionali e non per apprendistato, la progettazione e l’esecuzione del lavoro è praticamente svolto da chi sta nello studio in nero ed a basso costo oppure per tirocinio per accedere all’esame di stato oppure in vista di una eventuale e probabile borsa di studio.

Non vi è una regolamentazione negli ordini professionali, nelle università, nelle stesse aziende che imponga e disciplini una partecipazione dei neolaureati all’esperienza lavorativa, venendo incontro ad una domanda pressante e rendendo possibile una utile selezione dei migliori.

Il Ministro dello Sviluppo Economico Passera parla di disagio sociale legato alla disoccupazione e dice che è a rischio la tenuta economica e sociale del paese.

In pratica un laureato o un diplomato hanno scarse probabilità di lavoro autonomo o dipendente.
Se si aggiunge alla scarsa possibilità di intrapresa l’incremento di disoccupazione e di fallimenti si ha il quadro di una situazione in discesa non facilmente frenabile.

Bisogna considerare che la cancellazione del ceto intermedio e l’annullamento del dinamismo possibile della scala sociale è stato graduale e progressivo.

A lasciarsi prendere dalle difficoltà effettive di superamento della crisi attuale, dato più sconfortante, è il numero dei suicidi di padri di famiglia, di piccoli imprenditori, di lavoratori licenziati, di giovani da anni alla inutile ricerca di lavoro.

Se si sommano i continui suicidi nelle carceri si ha l’impressione di una crisi economica che si accompagna ad una crisi etica.

Anche la parte debole e trasgressiva rinchiusa nelle carceri è soggetta ad un trattamento che induce a rinunziare alla vita.
Questo avviene in un paese dove la civiltà ed i valori che la sorreggono sono al tramonto. La corruzione dei dirigenti del paese ha non solo intaccata l’economia ma generato un indebolimento delle istituzioni che, mentre non riescono ad adempiere i compiti ad essi costituzionalmente demandati, prevaricano oltre i limiti di competenze ad essi consentiti, annullando quell’equilibrio di potere che è il segno e la misura della civiltà di una nazione.

La maggiore corruzione e quindi la più grave crisi di valori si ha in quella classe alla quale compete con maggiore proprietà il nome di classe di potere e non di classe politica.

Si lascia corrompere e, a sua volta, corrompe. Non tutto è però buio.

Intanto l’avere un governo non derivante dai partiti. Anche se le sue proposte devono essere votate dai partiti, sembra che non intenda essere da essi condizionato. Mostra, peraltro, volontà di intrattenere un dialogo continuo con le parti sociali.

L’esigenza maggiore è quella di una dirigenza nuova che sia capace e moralmente sana.

In verità la capacità è connessa con la conoscenza e con la pratica. Uno dei peccati più deleteri della classe politica italiana, considerata nella sua totalità, è stato quello di governare per teoremi senza calarsi nella realtà vissuta dal popolo italiano ed in quella dell’ambiente naturale del territorio.

La spinta che invece ha dato il Concilio Vaticano II a calarsi nel pragma della vita vissuta è stata bene accettata dagli italiani, dato che il 60% di essi considera la Chiesa una risorsa affidabile del territorio.

Sin dall’inizio degli anni settanta la Chiesa ha ribadito la propria autonomia dalla DC ed ha fatto di “evangelizzazione e promozione umana” programma di vita per la società italiana.
Ha, perciò, maturato una conoscenza diretta delle sue condizioni e delle sue necessità. Inoltre si è inserita con l’impegno delle parrocchie e con il volontariato a contatto con le popolazioni e le loro necessità.

Il mondo cattolico è in grado di selezionare una dirigenza nuova che abbia conoscenza del popolo, una capacità ed una eticità congruenti con il bisogno attuale che serve per superare la crisi.

Il riferimento attuale del mondo liberale nuovo è quello del mercato libero e del capitalismo finanziario, origine e causa prima delle odierne disgrazie.

Lo speciale carattere fideistico di una ideologia neoliberale, anche se non vuole riconoscersi come ideologia, è stata assorbito anche dalle sinistre democratiche.

Il mondo cattolico rimane quello che ha studiato la realtà vera della società cogliendone le necessità e raccoglie i consensi della maggioranza.

Deve innanzitutto mantenersi immune dalla corruzione attuale e caricarsi dell’amaro compito di salvare l’Italia dalla crisi in atto.

Deve farlo anche subito per evitare che, a breve e certamente nel 2013, si sca

teni la partitocrazia cancellando definitivamente le tracce della civiltà italiana e riproponendo una bagarre che cancelli ogni orma di democrazia e di libertà.

 

venerdì 4 maggio 2012

LA SOCIETA'  LEGALE
di Vincenzo Cicala

Non omne quod licet honestum est.

Questo principio di diritto risalente al giureconsulto romano Paolo e recepito nel Digesto è straordinariamente di attualità perché, con le modifiche apportate alla legislazione, la giustizia non può considerarsi ars boni et aeque.

Questa locuzione lascia rancorose tracce di ribellione anche quando è citata come presupposto di comportamento del governo italiano, poiché gli italiani sono buggerati sì, ma fino ad una difficoltà di vivere impossibile a superare.

Dovrebbe la legiferazione riflettere le necessità di questa società in maniera da rispondere alle sue esigenze e moderarne il bisogno sino al limite della sopportabilità.

La malizia “dei grandi corruttori” che hanno presieduto al governo della nazione ha scoperto che l’uso appropriato del potere legislativo può servire non solo a soddisfare i bisogni e gli interessi della propria parte ed a favorire i propri impegni ed interessi, ma anche ed in maniera specifica e particolareggiata ad evitare pene e condanne.

È capitato così che un delitto sia stato cancellato oppure che un procedimento, penale ma anche amministrativo, abbia viste modificate le procedure fino ad annullare la possibilità di condanna di un reo.

La macchina stessa della giustizia è stata alterata con provvedimenti faziosi che avrebbero dovuto accelerare le procedure e, invece, sono essenzialmente servite a dequalificarla.

Che ciò sia avvenuto ad opera di esperti del diritto, di una tecnica raffinata nella manipolazione di commi, ma anche di articoli di legge, è cosa certa ed ha portato il diritto e l’amministrazione della giustizia in genere ad essere incerti.

Il cittadino semplice, colui che vive sulla riga del proprio onesto guadagno, sa e teme il pericolo di essere sanzionato, anche per errore come con frequenza capita, dalla giustizia penale, civile ma anche amministrativa e fiscale.

Perché in Italia la visita di un agente, possa essere di sicurezza o della finanza, o il ricevimento di un semplice avviso di pagamento di multa, devono essere occasione di un timore che, in qualche occasione particolare e certamente per cittadini onesti, è stata occasione di un malessere fisico oltre che psichico?

In Italia i frequentatori abituali delle aule di giustizia sanno come riguardarsi dagli errori e come attenuare i rigori della giustizia ed anche carcerari.

Accade che la maggioranza degli internati sia o in attesa di giudizio oppure di giovani emarginati, drogati ecc…, oppure di abusivi e sprovveduti dirimpettai della sponda mediterranea, venuti col pensiero – strano per la verità - di trovare benessere in Italia.

In Italia – ed a Napoli in particolare – matura l’arte di sottrarsi al proprio preciso dovere di cittadino, anche perché non sono precisi e stabili i diritti sui quali si può con sicurezza fare affidamento.
Ed è proprio questa insicurezza che ha piano piano cancellata l’economia della piccola impresa familiare ed ha ceduto ai prepotenti ed ai “raccomandati” il mercato del lavoro ed ha fatto delle aziende di stato, a cominciare dalle ASL, luoghi di affari.

Si può, con sicurezza di non sbagliare, dire che la giustizia è venuta meno alla funzione di far rispettare regole che esprimano la pratica realizzazione del patto sociale, che perciò esprimano non solo la lettera ma il significato originario di democrazia e verità che ha ispirato la Costituzione Italiana.

È indubitabile che alcuni abituali reati sono espressione di una dazione ambientale. Tra essi indubbiamente l’evasione fiscale, la collusione e la corruzione, sia quella disciplinata nel Codice Penale, sia quella tra privati che esula da alcuna qualifica pubblicistica.

Se è vero, come è vero, che, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, vi è stato, da decenni, un uso interessato della legiferazione del Parlamento volto a difendere gli interessi di singoli e di singole categorie di privilegiati e ad evitargli dannosi processi, si spiega e chiarisce l’ostilità ai partiti.

Se è vero, come è vero, che, sempre per la prima volta, nel dopoguerra, si è approvata, con una legge elettorale autoritaria, la restrizione della libertà democratica e, sempre per la prima volta, si è trovata la maniera di eludere i risultati o di sottrarsi al giudizio dei referendum popolari, si spiega ed è giustificata la diffidenza verso il mondo politico.

La crisi dell’Italia è crisi di Giustizia.
Gli stessi partiti di sinistra sono coinvolti nell’assalto al welfare.

Invece di diminuire o, in alcuni casi. di negare l’assistenza sanitaria ed ospedaliera –cosa abnorme e scandalosa specie per i malati gravi e per quelli in condizione di necessità – avrebbero dovuto moderare la sete di danaro del personale direttivo medico, paramedico ed amministrativo.

Avrebbero dovuto assegnare per merito e competenza gli incarichi, lottare e non favorire i trucchi e gli abusi dei concorsi.

Avrebbero dovuto evitare i soprusi e gli imbrogli nella produzione e nella commercializzazione dei prodotti farmaceutici, scandali come quelli di Poggiolini e De Lorenzo.

L’assistenza sanitaria è quella che ci sta più a cuore perché, in nessuna nazione, civile e democratica, i malati gravi, anziani oppure disabili, sono assistiti con tanta trascuratezza ed incompetenza.

Osservazioni altrettanto gravi possono essere svolte per le carceri, per il lavoro, per la scuola.

La crudeltà ed il sovraffollamento delle carceri, la tassazione del salario che supera il 40%, l’insufficienza dell’offerta formativa relegano l’Italia tra i paesi più regrediti di Europa.

Ancora la casta padrona si spreca nella difesa dei privilegi suoi e dei suoi sostenitori.

Da tempo vi è necessità di una rivoluzione, cioè della sostituzione radicale della casta padrona e di una revisione radicale di governare e dirigere gli affari pubblici nel senso della trasparenza e dell’onestà, nel senso di una democrazia che cancelli la partitocrazia.